Lavori di una "scrittrice" senza soldi ne' fama

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    La mia prima storia yaoi, so che non è un capolavoro ma penso che almeno sua carina, dunque ecco a voi u.u i personaggi e la storia sono tutti inventati, ho scritto in prima persona perché così mi trovavo meglio, gné.


    La sua prima estate al Campo Scuola

    Il mio nome è Lorenzo, ho da poco compiuto diciotto anni e da qualche estate mi ritrovo a passare le vacanze estive in un Campo Scuola, come animatore. Quando frequentavo le medie amavo passare l'estate in campeggio con i miei amici oppure in un Campo Scuola, e adesso che ne ho la possibilità mi piace l'idea di poter stare a contatto con adolescenti che hanno voglia di passare una piacevole estate, tra giochi e nuove conoscenze.
    Questo è il terzo anno che io ed altri quattro ragazzi, più o meno della mia età, organizziamo un Campo Scuola estivo.
    Il posto è molto bello: una località balneare, con una spiaggia poco frequentata dai turisti, ma ben conosciuta dagli abitanti del piccolo paesino che vi si affaccia. Le salette ed il dormitorio del Campo sono situati all'interno di un grande appezzamento di terra, poco distante dalla spiaggia. Ogni estate io e questi ragazzi, prima che arrivino i nostri ospiti, ci preoccupiamo personalmete di riordinare i dormitori e le cucine.
    Poi, verso i primi di luglio, arrivano i ragazzini: alcuni vengono in treno, altri in bus, altri ancora direttamente accompagnati dai genitori. L'età media è compresa tra i dieci e i sedici anni. Appena arrivati, generalmente gli accogliamo con una bella merenda, che spesso aiuta a mettere a proprio agio i nuovi arrivati. Poi diamo ad ognuno una camera di dormitorio, camere triple, dividendo tra dormitorio femminile e dormitorio maschile.
    E subito il giorno dopo il loro arrivo, iniziamo con le attività del Campo: organizziamo giochi di gruppo, passeggiate o escursioni a cavallo, partite di calcio o pallavolo sulla spiaggia o nuotate di gruppo. Passano con noi due interi mesi, per poi dirci, il giorno della loro partenza, che quella è stata l'estate più bella e divertente della loro vita. Non so gli altri animatori, ma è una cosa che mi fa estremamente piacere.

    Quell'estate ero particolarmente emozionato. Avevo appena finito il Liceo, passando gli esami di maturità con voti invidiabili. Finalmente, potevo godermi un'estate movimentata e divertente, in attesa dell'inizio dell'università.
    Tutti i ragazzini arrivarono nel pomeriggio. Vennero accolti con la solita merenda, subito entrarono in sintonia l'uno con l'altro, ognuno cercando di conoscere il ragazzo o la ragazza che gli stava accanto. Era piacevole vederli così sereni.
    Un gruppetto di ragazzi, però, catturò la mia attenzione. Quattro o cinque ragazzini, a occhio tra i quindici e i sedici anni, si erano posizionati in semicerchio difronte ad un altro, che li guardava con l'aria di chi si trova fortemente a disagio. Incuriosito da quella scenetta, mi avvicinai a loro.
    Sentii che i quattro ridacchiavano, probabilmente rivolti al ragazzino con l'aria smarrita.
    - Ehi, ragazzi... qual'è il problema? - chiedo, sorridendo.
    I quattro che ridacchiavano si voltarono verso di me, mantenendo la loro espressione divertita. Li conoscevo: non era la prima volta che venivano al Campo Scuola. Erano i tipici ragazzini che facevano gruppetto, quelli che amavano essere al centro dell'attenzione e che non si risparmiavano di mettere a disagio qualcuno con commenti pesanti. Più volte era successo che avessero infastidito altri ragazzi, senza però arrivare ad usare la violenza vera e propria. Diciamo che si limitavano alle parole.
    - Lore... ma lo vedi? - disse uno di loro, indicandomi il ragazzino davanti a noi - Guarda che pantaloncini che ha... si veste da donna! - esclamò, facendo scoppiare a ridere gli altri tre. Il ragazzino in angolo arrossì violentemente, senza ribattere, abbassando solamente lo sguardo.
    Aggrottai le sopracciglia, scuotendo la testa - Andre, smetti di infastidire i nuovi arrivati, suvvia. Inizi fin dal primo giorno? - gli dissi di rimando, non in tono particolarmente arrabbiato, ma comunque serio, in modo da farmi intendere.
    - Uhm... hai ragione Lore... non è una bella cosa infastidire le fanciulle. - scoppiarono nuovamente a ridere, per poi andarsene prima che io potessi reagire.
    Il ragazzino preso di mira era ancora lì fermo, con lo sguardo basso. Non aveva detto nulla, non si era difeso. A guardarlo, mi veniva quasi voglia di abbracciarlo, da quanto faceva tenerezza, così sottomissivo.
    Lo osservai per qualche secondo: effettivamente, i suoi lineamenti e la sua corporatura non erano dei più virili: aveva dei capelli castani molto chiari, lisci, che gli ricadevano sulla fronte e sugli occhi con molti ciuffetti, senza un verso preciso. Pelle piuttosto chiara, fisico di media altezza molto snello, con un appena visibile strato di muscoli. Indossava una maglietta a mezze maniche a righe, grigie e bianche, con sotto dei pantaloncini in jeans chiaro molto corti e aderenti, quasi interamente coperti dalla maglietta, dando quasi l'idea che il suo fosse un vestitino, più che maglietta e pantaloni. Poi, delle infradito nere, leggermente rialzate. Effettivamente, erano in pochi i ragazzi che si vestivano a quel modo.
    Io ero diverso da lui, fisicamente. Molto più alto, muscoli presenti ma non in eccesso, pelle più abbronzata, sebbene non fosse scura più di tanto, capelli neri non troppo corti ed occhi di un contrastante colore azzurro. Diciamo che esteticamente ero il tipo di ragazzo che piaceva alle donne, nel corso degli anni ho potuto ben notare il successo che con loro, ahimé, riscontro. Invece, lui... forse le ragazzine della sua età potevano ritenerlo carino, ma spesso erano alla ricerca di qualcosa di più virile. E lui di virilità non ne aveva poi così tanta, oggettivamente.
    Mi ripresi dai miei pensieri: mi abbassai, poggiando un ginocchio a terra e tirandogli delicatamente sù il visino, guidandolo con un dito sotto il suo mento.
    - Ehi... stai bene? - gli chiesi, con voce calma e rassicurante. Finalmente alzò lo sguardo. Lo incrociai, soffermandomi sui suoi occhi di un bel verde acceso, luminoso, forse più lucidi del normale. Era sul punto di piangere? Sembrava trattenersi. Meglio così: non avrei saputo come reagire, se mi fosse scoppiato a piangere. Tuttavia, mi ispirava un insolito istinto protettivo.
    Non mi rispose, scosse quasi impercettibilmente la testa, in cenno di negazione.
    Sorrisi appena, posandogli una mano sulla spalla in segno di conforto - Dai, non farci troppo caso, sono degli stupidi. - aggiunsi.
    Continuò a guardarmi, con un'espressione indecifrabile, senza accennare a proferire parola.
    Non volli premere su quell'argomento, magari semplicemente non aveva più voglia di parlarne. Potevo capirlo.
    - Io sono Lorenzo. Tu come ti chiami? - gli chiesi intanto, per vedere se almeno adesso mi rispondeva.
    Lo osservai attentamente, attendendo una sua parola.
    - Alessandro. - mi rispose sottovoce, incerto.
    Gli sorrisi in modo rassicurante - Bel nome Alessandro. Posso chiamarti 'Ale'? - gli chiesi. Volevo instaurare un minimo di dialogo, magari chiedergli un minimo di confidenza lo avrebbe aiutato.
    Continuò a guardarmi, per poi annuire. Fui felice di questa sua reazione.
    - Bene, Ale... che ne dici di prenderti una granita con me? - gli proposi, e con un'altro suo cenno positivo lo condussi nella cucina del Campo Scuola, dove preparai due granite. Avevamo l'attrezzino per farle, erano molto richieste d'estate dai nostri ragazzi.
    Ci sedemmo, su due di quelle sedie alte da bancone. Gli porsi la sua bibita, per poi iniziare a sorseggiare la mia.
    - Allora, Ale, quanti anni hai? - gli chiesi, per conoscerlo meglio, un modo come un altro per iniziare una conversazione. Mi chiedevo come mai lo stessi facendo, come mai volessi che quel ragazzo si aprisse a me, ma mi risposi con un "desidero che ogni ragazzino venuto qui al Campo trascorra un'estate serena".
    - Quattordici. - mi rispose. Adesso sembrava leggermente più a suo agio. Ci eravamo separati dalla massa di ragazzini, eravamo in disparte, e solo con me sembrava sentirsi meglio. Lo osservai in silenzio, annuendo. Lo vidi posare le labbra sulla cannuccia del bicchiere con la granita, succhiando lentamente, con gli occhi rivolti verso i miei. A quella visione la mia bocca si schiuse, ma quando mi accorsi della mia reazione prontamente la richiusi. - Tu? - mi chiese a sua volta. Ci misi qualche secondo a realizzare che mi chiedeva quanti anni avevo.
    - Ne ho diciotto, appena compiuti. - gli risposi infine con un sorriso amichevole, provvedendo però ad abbassare lo sguardo, distogliendo l'attenzione dalla sua bocca ed iniziando a mia volta a gustarmi la granita. Finimmo la bibita facendo due chiacchiere, domandandoci cose a vicenda per conoscersi, in modo innocente. Cose del tipo "dove abiti?" oppure "che Liceo fai?" così, per familiarizzare. Mi accorsi che, nonostante la barriera iniziale, Alessandro era un ragazzo con cui era molto piacevole parlare.
    Il nostro dialogo venne interrotto dagli altri animatori che, come tutti gli anni, iniziarono a dividere il gruppo di ragazzini, creando le combinazioni per le stanze di dormitorio. A malincuore vidi Alessandro che se ne andava, seguendo altri due ragazzi, diretti verso quella che per due mesi sarebbe stata la loro stanza. Come se non bastasse, uno dei compagni di Alessandro era proprio Andrea, il ragazzo che poco prima lo aveva deriso. Provai l'irrefrenabile istinto di proporre agli altri animatori di cambiare stanza ad Alessandro, mandandolo... chessò, in camera con me. Quest'idea venne giustificata dalla mia mente come un innocente desiderio di "evitare che Alessandro venisse ulteriormente preso in giro".
    Dopo che tutti si furono sistemati nelle proprie camere, andammo a cenare. Purtroppo vi erano due tavoli divisi, uno per gli animatori ed uno per i ragazzi. Dovetti accettare quella condizione, dopo tutto non potevo rimanere sempre attaccato ad Alessandro.

    Terminata la cena, tutti tornarono nel dormitorio. Sospirando, andai a rinchiudermi nella mia stanza, singola. Mi stesi sul letto, con lo sguardo rivolto verso il soffitto. Nella mia mente si alternavano le immagini di Alessandro, prima tutto rosso in volto che, sottomissivo, non si ribellava ai compagni che lo prendevano in giro, e poi l'immagine di lui che innocentemente beveva la sua granita. Mi portai le mani sugli occhi, scuotendo la testa, come per scacciare via quei pensieri.
    Sentii bussare.
    Mi alzai sospirando, sicuramente erano gli altri animatori che venivano da me per discutere dei giochi che avremmo organizzato il giorno seguente.
    Aprii la porta, e invece dei quattro miei coetanei mi ritrovai difronte proprio Alessandro. Aveva in mano una borsa, probabilmente era uno dei suoi bagagli. Aveva lo sguardo rivolto a terra.
    Rimasi impalato a guardarlo per qualche secondo.
    - Ale... cos'hai? - mi decisi a chiedergli, poi.
    Lui alzò lo sguardo, mostrandomi ancora una volta i suoi occhi lucidi, di un verde ancora più vivo e brillante. La stessa scena di oggi pomeriggio, con la differenza che adesso era venuto lui a cercarmi.
    - I miei compagni... - iniziò, per poi abbassare di nuovo lo sguardo, sconsolato. Mi rattristai per lui. Cosa gli avevano detto, ancora?
    - I miei compagni... non vogliono che faccia la doccia nella stanza insieme a loro. Dicono che... - non finì la frase. Mi chinai difronte a lui - Cosa ti dicono? - volli chiedergli. Sapevo già la risposta, ma volevo sentirglielo dire.
    - ...che sono finocchio. - concluse, con un filo di voce. Mi comparì un sorrisetto sul volto - Perchè, lo sei? - gli chiesi. No, domanda palesemente fuoriluogo. Non mi aspettai una sua risposta, che infatti non arrivò.
    - Ehm... dunque, Ale, perchè sei qui? - gli chiesi ancora. Potevo intuirne il motivo.
    - Vorrei... potrei fare la doccia qui? - mi chiese infine.
    Sorrisi, facendogli cenno di entrare - Fai pure. Il bagno è là. - dissi, indicandogli una porticina all'intenro della mia stanza, chiudendomi la porta d'ingresso alle spalle, una volta che fu entrato.
    Mi sorrise, socchiudendo gli occhi - Grazie! - mi rispose, in modo solare. Un improvviso sbalzo d'umore, possibile che fosse così felice di venire a farsi la doccia qui? Per un attimo pensai che avrei potuto proporgli di farla insieme. Ma mi trattenni, era solamente un bel ragazzino venuto da me perchè cacciato dagli altri.
    Posò la sua borsa a fianco del letto, tirandone fuori uno shampo ed un bagnoschiuma, posizionandoli nel bagno. Poi tornò in camera, dove iniziò a spogliarsi. Si tolse le ciabattine, per poi sganciare lentamente il bottone degli shorts, lasciandoli scivolare ai suoi piedi. Si sfilò anche la maglietta. Potei vedere il suo corpo, forse ancora più bello e perfetto di come me lo fossi immaginato fino ad ora. Pancia piatta, con un leggerissimo strato muscolare, pelle bianca e candida. Gambe affusolate, boxer neri piuttosto corti e aderenti. Posò due dita sul loro elastico, tirandoseli giù. Prontamente voltai la testa altrove. Lo sentii camminare verso il bagno, chiudersi la porta alle spalle. Il getto della doccia.
    Mi voltai verso la porta chiusa, là dove prima Alessandro si stava spogliando, davanti a me. Senza chiedermi di voltarmi. Perchè, a proposito, mi ero voltato? Forse perchè, come mi ripetevo mentalmente, era solamente un quattordicenne, non potevo guardarlo con malizia mentre si spogliava. Oppure, perchè volevo lasciare il bello a un altro giorno, chissà.
    Passarono dei minuti, il getto della doccia si interruppe. Sentìì la porta della cabina aprirsi, il suo passo leggero, per poi vederlo aprire la porta. Si era coperto con un asciugamano, legato in vita. Tutto ancora bagnato, da ogni ciocca dei suoi capelli cadeva, a ritmo regolare, una gocciolina d'acqua, che andava a percorre tutto il suo corpo, andando poi ad asciugarsi a contatto con l'asciugamano. Pregai che se lo togliesse.
    - Ehi, Lore... ho preso il tuo asciugamano. Ti dispiace? - mi chiese.
    - Oh, no... fai pure Ale. - gli risposi sorridendo, benché fossi tentato di dirgli che no, non andava bene, dunque doveva toglierselo.
    E proprio mentre se lo sfilava per asciugarsi e rivestirsi, ecco che la mia coscienza si faceva avanti, costringendomi ad andarmene con la scusa di dover usare il bagno.
    Mi abbassai i pantaloni, guardando la mia erezione. Come stupirsi, aveva un corpo magnifico quel ragazzo, un visino d'angelo, una voce delicata. Non resistetti. Chiusi gli occhi, iniziando a masturbarmi al pensieri di Alessandro che si mostrava a me subito dopo essersi fatto una doccia.
    Quando fui soddisfatto mi pulii le mani, per poi tornare da Alessandro. Nel frattempo si era rivestito, adesso indossava una magliettina a mezze maniche nera, ancora più lunga di quella che aveva oggi pomeriggio. Niente pantaloncini, intuii che indossava solamente i boxer. Aveva rifatto la borsa, e tenendola in mano si era diretto verso la porta d'uscita.
    - Grazie Lore, ho finito. Torno in camera, buonanotte! - ebbi il tempo di salutarlo a mia volta, per poi vederlo scomparire, richiudendosi dietro la porta. Mi gettai nuovamente sul letto, sconsolato. Non ci credevo ancora, mi ero eccitato così alla vista di un ragazzino. Sospirai sonoramente, andando solo adesso a farmi una doccia, per poi, alla fine, stendermi sul mio letto e tentare di dormire.

    Nei giorni che seguirono io e Alessandro stammo molto insieme, mentre giocavamo assieme agli altri tendevamo spesso ad isolarci, magari divertendoci per conto nostro, parlando e ridendo. Nacque veramente un bel rapporto in quella prima settimana. Alessandro, che il primo giorno mi era sembrato così chiuso e introverso, aveva incominciato ad aprirsi. Era un piacere stare in sua compagnia, parlarci liberamente, guardarlo mentre si divertiva, ascoltare quella sua risata così aggraziata, vedere il suo volto arrossire, la sua bocca distendersi in un sorriso.
    Potevo dire che Alessandro mi piacesse. Ma era una sensazione diversa da quella avuta la prima sera... all'inizio avevo visto in lui un bellissimo ragazzino, talmente timido ed introverso da essere così dannatamente sottomissivo da ispirarmi ogni qualsivoglia fantasia. Adesso, vedevo in lui anche la persona che era in realtà, il suo vero carattere, lo apprezzavo anche per le sue idee, il suo modo di pensare, la sua mentalità aperta e la naturalezza con la quale mi parlava. Adoravo tutto di lui.
    Più volte interpretai alcune sue frasi, alcuni suoi atteggiamenti, come avances. Un po' perchè così sembrava, un po' perchè speravo che lo fossero. Tuttavia, qualcosa in me mi frenava ogni volta che avevo una voglia intrattenibile di prenderlo e sbatterlo al muro. Era così giovane, così puro, quasi avevo idea di sciuparlo, facendolo mio. Ma quanto lo desideravo!
    Una sera, lo sentii bussare alla mia porta. Mi chiesi se anche stavolta era per una doccia, come il primo giorno, ma quando aprii la porta non aveva con sè una borsa con il necessario. Oltretutto, l'ora era tarda. Indossava solo una maglietta, molto grande, dalla quale si potevano intravedere dei boxer.
    - Lore... sono venuto perchè... - arrossì tutto d'un colpo, abbassando lo sguardo - Andrea e gli altri stanotte hanno deciso di organizzare una specie di pigiama party. Hanno fatto venire anche altri ragazzi da altri dormitori, e dicono che vogliono un po' di privacy per divertirsi a loro modo. Dicono che se io rimanessi con loro non si sentirebbero a loro agio. - mi spiegò, tutto d'un fiato.
    Sospirai, pensando a tutti quei ragazzini che, chiusi in una camera, si "divertivano a loro modo", come Alessandro aveva detto. Sicuramente, qualcuno deve aver portato un qualche giornalino. Fui quasi sollevato nel sapere che avessero mandato via Alessandro, almeno non avrebbe assistito a quelle scene.
    - Ho capito. Quindi, Ale... dove intendi dormire stanotte? - gli chiesi, con voce calma e amichevole. La risposta era ovvia.
    - Bhe, io pensavo... che magari noi... avremmo potuto dormire insieme. - mi rispose, arrossendo poi per ciò che mi aveva chiesto, ed anche il modo in cui aveva posto la domanda. Un "mi hanno cacciato, hai un altro letto su cui possa dormire stanotte?" sarebbe stato meno ambiguo. Tuttavia, lui era il mio Alessandro, il mio puro ed ingenuo ragazzino. Pensai che non avesse in mente niente di ché.
    - Va bene, Ale. Stanotte stai pure con me. - gli concessi, quasi come se facessi un favore a lui, quasi come se non mi fossi mai sognato questo momento!
    Alessandro sorrise, entrando nella mia stanza e chiudendo la porta, prima che fossi io a farlo. Guardò il letto. Era grande per una persona sola, ma anche piccolo per due. Bhe, avremmo dovuto dormire stretti. Mentre nella mia testa passava questo pensiero, giurerei di aver intravisto un sorrisetto sul suo volto, di come mai ne avevo visti su quel suo bel visino da angioletto. Che lo stesse pensando anche lui?
    Ci mettemmo a gambe incrociate sul letto, incominciando a parlare. Chiacchierammo del più e del meno, di come andavano le cose al Campo, della vita che conducevamo al di fuori da qui. Nel bel mezzo della conversazione mi chiese se avevo una ragazza.
    Lo guardai, piacevolmente sorpreso dalla sua curiosità in tale ambito.
    - No, Ale, non ce l'ho la ragazza. - gli risposi, sorridendo. Lui parve stupito.
    - Ah, no? E come mai? Strano... - sorrisi soddisfatto.
    - Strano? Perchè dici che è strano? -
    Lui alzò le spalle - Bhe, uno così... uno come te... - arrossì, senza concludere la frase. Mi fece capire, a gesti, che aveva sonno e che non ce la faceva a continuare la conversazione.
    Non volli premere su questo punto, assecondandolo.
    Lo vidi alzare le coperte, per mettercisi sotto.
    - Ah, vuoi dormire sotto le coperte? Fa piuttosto caldo, non credi? - gli chiesi, sorridendo. Effettivamente, eravamo luglio. Tuttavia, il mese in cui ci trovavamo era uno degli ultimi motivi per cui non avrei voluto le coperte.
    - Bhe, non importa. Se vuoi le coperte va bene ugualmente. - continuai - Mica ti dispiace se, però, mi tolgo la maglietta? Sai, altrimenti mi farebbe troppo caldo. - gli dissi, sorridendo maliziosamente, curioso della sua reazione.
    Lui scosse la testa - Oh, no... figurati, fai pure. - mi rispose, leggermente imbarazzato.
    Annuii, sfilandomi la maglietta in un solo gesto, rimanendo così con addosso solamente i boxer. Notai le due o tre occhiate che mi mandò, cercando di non farsi vedere, osservandomi però con una certa insistenza. Lo vidi alzarsi dal letto e correre in bagno. Non lo sentii per cinque minuti, dalla stanza in cui era si poteva udire solamente il rumore del suo respiro, irregolare. Si stava masturbando? E per cosa, poi... perchè mi aveva visto senza maglia e pantaloni? Sorrisi compiaciuto, se volevo una conferma del fatto che lui non fosse etero e forse interessato proprio a me, adesso ce l'avevo. E mi eccitavo a mia volta al pensiero di lui, rosso in viso ed ansimante, che si tocca dopo avermi guardato.
    Quando tornò non proferì parola, non cercò il mio sguardo, anzi, tentò di evitarlo. Si sdraiò nel mio letto, sotto le coperte, accennando sotto voce un "buona notte".
    Mi sdraia accanto a lui, spengendo poi la luce.
    Inutile dire che quella notte non dormii.
    Nella mia mente rivivevo tutti i momenti passati con Alessandro, e l'idea che fosse proprio accanto a me mi eccitava da morire. Nel bel mezzo della notte, lo sentii muoversi. Mi voltai a mia volta, verso di lui. Muovendo un braccio con fare innocente tentai di capire come fosse messo: aveva la faccia rivolta verso l'altra parte, stava sdraiato su un fianco e quello che era a contatto con la mia coscia era proprio il suo bel sederino.
    Sospirai, non resistetti. Mi voltai del tutto dalla sua parte, anche io sdraiato su un fianco. Quasi come se si muovesse da solo, il mio bacino andò a spingersi verso il suo, facendo strusciare il mio sesso, adesso eccitato, al retro dei suoi boxer. Oh, quanto detestai la stoffa che ci separava!

    Contrariamente a quanto sia logico pensare, quella notte non facemmo nulla. Il mio desiderio era stato semplicemente quello di assaporare ciò che sicuramente sarebbe successo prima del termine di questi due mesi.
    La mattina mi svegliai prima di lui: lo guardai dormire, il visino poggiato sul guanciale, sprofondato in questo, gli occhi chiusi e la bocca semiaperta. Una faccina da angioletto, come sempre. Mentre dormiva era ancora più adorabile... la mia fantasia si era nuovamente messa in moto.
    Pensai che la mia stesse diventando una fissa: raramente mi era successo di pensare notte e giorno a qualcuno, anche con i miei ex ragazzi. Oltretutto, mai avrei pensato di innamorarmi e conseguentemente fare fantasie su un ragazzino, cavoli, aveva circa cinque anni in meno di me!
    Quando si svegliò si voltò subito verso di me, e vedendomi sorridente mi guardò felice a sua volta. Che dolce risveglio.
    Andammo a fare colazione, dopo esserci fatti una doccia (a turno, oserei dire "purtroppo") ed esserci messi vestiti nuovi. Passammo la mattinata e buona parte del pomeriggio assieme al resto del gruppo.
    Tuttavia, una cosa dette una svolta decisiva all'andamento della giornata: assieme agli altri animatori decidemmo di lasciare il pomeriggio libero ai ragazzini. Di fargli fare liberamente un giretto nel paesino. Questo perchè era appena arrivata la fidanzata di uno degli animatori, e questo voleva avere la libertà di appartarsi con lei, senza ragazzini in giro. Gli altri ne approfittarono per prendersi un pomeriggio libero, magari andando alla ricerca di qualche bella ragazza della zona. Io non aspettavo altro.
    Andai subito da Alessandro, annunciandogli la notizia.
    - Senti, Ale... stasera avete tutti il pomeriggio libero. I tuoi amichetti vanno a fare un giro in centro, naturalmente vai anche tu? - gli chiesi, ironicamente.
    Lui mi guardò, alzando un sopracciglio - E tu che farai? - alzai le spalle - Bha... potrei rimanere qui in spiaggia, magari vedo una ragazza... - gli dissi, usando un tono che doveva essere convincente. Le mie idee erano tutt'altre, ma ero curioso di vedere una sua reazione.
    Alessandro scosse la testa, imbronciato - No. - inclinai la testa da una parte, sorridendo - "No" che? - gli chiesi.
    Lui mi guardò negli occhi - No. Rimango con te, e tu rimani qui con me. - mi disse, in un tono deciso, che mai gli avevo sentito prima.
    Feci spallucce, annuendo, come se gli stessi facendo un favore.
    - Ok Ale, rimango con te. Che vuoi fare? - gli chiedo.
    - Andiamo in spiaggia, parliamo... - mi disse.
    Non feci ulteriori domande. Andammo in camera a cambiarci, infilandoci i costumi sotto i vestiti (ognuno nella propria camera) per poi andare a riva. Ci sedemmo a terra - Allora... di che vuoi parlare? -
    Alessando rimase in silenzio per qualche minuto, durante i quali volse il suo sguardo al mare.
    - Lore, ti sei mai sentito strano? - mi chiese di punto in bianco.
    - Strano in che senso? - gli domandai a mia volta, incuriosito.
    - Sì, strano... come se ciò che fai, ciò che vorresti fare fosse considerato "strano" da molta gente. -
    Alzai le spalle - Bhe, sì, succede. -
    Alessandro scosse la testa - Strano come se i tuoi gusti fossero diversi da quelli degli altri. - concluse.
    Lo guardai, con un sorriso appena accennato sul volto - Sì, mi è capitato. - gli risposi, con naturalezza. Dove voleva andare a parare?
    - Lore... - non concluse la frase.
    Si alzò - Lore, che ne dici di andare a fare un bagno? - mi chiese, volendo far passare questa sua domanda come il completamento della sua frase precedente.
    Non volli insistere - Uhm, sì, va bene. - gli risposi semplicemente.
    Ci togliemmo i vestiti, rimanendo in costume da bagno. Il suo era un paio di boxer molto attillati, come sempre gliene avevo visti, tuttavia questi erano bianchi. Un azzardo metterseli per fare un bagno, no? Non potevo che esserne contento.
    Andammo fino al mare, ci bagnammo i piedi. Lo vidi rabbrividire, all'inizio l'acqua era freddina.
    Sorrisi - Che c'è, non ti butti? - gli chiesi. Lo vidi titubante.
    In un gesto rapido, prima che potesse scansarsi o ritrarsi, lo presi in braccio.
    Vidi che arrossì. - Lore... Lore, che vuoi fare? - iniziai a camminare, verso dove l'acqua si faceva più fonda. - Lore, non vorrai mica... - sorrisi, fermandomi.
    - No, Lore... adesso non lasciarmi cadere, no! L'acqua è fredda... - - Vedrai che ci riscaldiamo. - -No, non voglio... non mi buttare in acqua, no!! - lo sentii urlare, prima di farlo adagiare sulla superficie del mare, e solo allora lasciarlo.
    Sprofondò nell'acqua cristallina, riemergendone tutto bagnato, con i capelli scompigliati.
    - Lore! Ti avevo detto di non buttarmi! - mi disse, con voce arrabbiata. Scoppiai a ridere, divertito dalla scenetta. Provò a schizzarmi, ma io lo precedetti e si bagnò ulteriormente.
    Aveva un faccino tutto rosso, adesso, doveva essersi arrabbiato. Mi avvicinai a lui, immegrendomi nell'acqua a mia volta. Mi guardava male, era ancora offeso.
    Gli sorrisi, avvicinandomi al suo viso e dandogli un bacio sulla fronte. La prima volta che le mie labbra sfioravano una qualche parte del suo corpo, in un ingenuo bacetto sul viso.
    Lui non commentò, ma sembrò più stupito che arrabbiato, adesso.
    Si avvicinò a me, e quando fummo a brevissima distanza l'uno dall'altro mi circondò con le sue esili braccine, che mi cingevano poco sopra l'ombelico. Poggiò la testa sul mio petto.
    Un abbraccio? Come reagire.
    Mi ero innamorato di lui in solo una settimana, lo avevo apprezzato per il suo essere e non solamente per la sua bellezza esteriore. Lo amavo.
    Lo cinsi a mia volta con le mie braccia, stringendolo a me, come nell'intento di attaccare ogni parte dei nostri corpi che già non fosse a contatto.
    Rimanemmo in silenzio fino a quando lui non mi guardò, scivolando via da quell'abbraccio - Avevo freddo. - si giustificò.
    Feci una risatina, senza aggiungere altro.
    Uscimmo dall'acqua, rimanemmo ad asciugarci a riva, riscaldati dagli ultimi raggi solari. Era sera ormai, ma faceva comunque molto caldo. La gente se ne era andata dalla spiaggia, a cambiarsi per la notte o a cenare.
    Avevamo un po' di fame, ma invece di un pasto come si deve optammo per prendere qualcosa lì sulla spiaggia. C'era un bar, dove vendevano anche gelati.
    - Fior di latte e fragola. - ordinò il ragazzino, sorridendo alla cassiera.
    - Ci vuoi anche uno spruzzo di panna, caro? -
    Annuì - Sì, anche la panna. - le rispose. Lei gli preparò il gelato, porgendoglielo, per poi dare a me quello che invece avevo scelto io.
    Uscimmo dalla gelateria, andando a sederci sulla spiaggia, ancora una volta.
    Il cielo andava a scurirsi, si vedeva la luna che già brillava, nessuno era più sulla riva, eravamo soli in quel piccolo paradiso.
    Mi voltai verso di lui.
    Aveva appena iniziato a mangiare il suo gelato. Puntò, come prima cosa, alla panna sulla punta. Iniziò a leccarla, potevo vedere quella crema bianca sulla sua lingua.
    Poi, passò alla fragola: iniziò a leccarla lateralmente, per poi tornare sulla punta. Quando l'ebbe leccata per bene, posò la bocca all'estremità e lentamente l'aprì, mangiando il gelato direttamente così.
    Quando si voltò verso di me e mi vide preso a guardarlo, diventò rosso.
    - Ehi, Lore... riguardo il discorso di prima... pensi sia bagliato essere diversi dagli altri? - mi chiese.
    - Bhe, diversi in che senso? -
    - Nel senso... i miei compagni di stanza guardano dei giornalini che a me non piacciono. È normale? -
    Alzai le spalle - Oh, per alcune persone è normale che non piacciano. -
    Si voltò verso di me, cercando il mio sguardo - E se io fossi gay? - mi chiese.
    Cosa avrei dovuto rispondergli? - Intendo... ci sarebbe niente di male? Ci sarebbe niente di male nel fantasticare su un ragazzo, o nello sperare che questo ti faccia certe cose che in quei giornalini gli uomoni facevano ad una donna? - aggiunse.
    Lo guardai in silenzio per qualche secondo, stupito dal modo in cui mi aveva detto tutto, tutto ciò che lo tormentava.
    Il mio istinto si fece avanti. Gli passai una mano sul viso, posandogliela sulla guancia. Mi avvicinai a lui, e in un gesto lento ma deciso avvicinai le mie labbra alle sue. Le sovrapponemmo, per lunghi secondi. Poi fui io a schiuderle, lui lo fece di conseguenza. Mi infiltrai nella sua bocca, aveva un sapore stupendo, fresco ma dolce, esattamente come me lo ero immaginato. Vagai nella sua bocca, alla ricerca della sua lingua. Una volta trovata ci giocai, cercando contatto con essa in qualunque modo. Rimanemmo così per qualche minuto, potrei dire che quello fosse stato il bacio più bello della mia vita. Ci separammo a malincuore da quel bacio, un filo di saliva univa ancora le nostre bocche, che si spezzò dopo poco.
    - Dimmi, ti sembra che ci sia stato qualcosa di male in questo? - gli chiesi, sorridendogli.
    Finalmente, mi ero fatto avanti. Era veramente rosso, aveva un viso soddisfatto e contemporaneamente stupito, non se lo aspettava?
    - Lore, io... - non concluse la frase. Lo baciai nuovamente, stavolta spingendolo a sdraiarsi sulla sabbia. Mi misi sopra di lui, senza staccare le mie labbra dalle sue. Gli posai una mano sul petto, lentamente la feci scendere lungo il suo addome, arrivando alla sua pancia ed infine al bacino. Infilai un dito dentro l'elastico del costume, facendo pressione su questo. Lui si staccò dalla mia bocca, voltando la testa da un'altra parte. Come aveva osato staccarsi da quel bacio? Presi a mordicchiargli le labbra, senza fargli male, ma comunque facendogli capire che, adesso, era in mano mia.
    Il mio dito gli tirò definitivamente giù i boxer, sfilandoglieli. Il ragazzino che tanto desideravo era adesso nudo sotto di me. Dalla sua bocca passai al suo lobo, riservandogli lo stesso trattamento delle labbra. Con una mano sfiorai il suo sesso, lo sentii reagire. Era eccitato.
    Presi in mano il suo membro, iniziando a masturbarlo prima lentamente, poi più veolcemente. Con la bocca scesi fino al suo collo, leccandolo e succhiandolo, fino a lasciarglici un segno.
    Lo sentii ansimare sotto di me, probabilmente era la prima volta che qualcuno lo masturbava. Che bello, era ancora così puro ed ingenuo...
    Sentii qualche goccia di pre sperma, allora rallentai il ritmo, passando a torturargli i capezzoli con la bocca. Doveva piacergli, in effetti si erano subito intirizziti.
    Velocizzai il ritmo della mia mano, quando avvertii di nuovo che era prossimo a venire rallentai ancora una volta.
    - Lore... perchè non... -
    Continuai a masturbarlo, così lentamente ma in modo così eccitante da essere quasi una tortura.
    - Pregami. -
    Sentii un ansimo simile ad un "eh?" di incredulità.
    - Pregami. - ripetei, imperterrito, continuando il mio lavoro. Volevo sentirglielo dire.
    - Lore, dai... ti prego... - iniziò, evidentemente non ce la faceva a pensare o a fare frasi di senso compiuto. Come biasimarlo.
    - Mi preghi di far cosa? -
    - Lore, ti scongiuro, fammi venire! - mi urlò, con quella sua voce quasi femminea, adesso che era allo stremo.
    Sorrisi perversamente, abbassandomi fino a ritrovarmi con la faccia difronte al suo sesso. Più piccolo del mio, certo, ma rispettabilissimo. Vi posai la bocca sulla punta, prendendone subito buona parte in bocca, iniziando a succhiare. Alessandro continuava ad ansimare, sempre più forte, fino a quando non venne nella mia bocca, con un urletto soffocato.
    - Lore... Lore mi dispiace... - si scusò.
    Ingoiai, dopo aver assaporato il suo seme, fresco, leccandomi le labbra.
    - Ale... che ne dici di fare a me ciò che io ho fatto a te? - gli proposi, sorrideno. Lo vidi terribilmente in imbarazzo.
    - Lore, io... io... non avevo mai nemmeno dato un bacio, figurati se sono capace di... - lo interruppi, indicando il suo gelato, ormai abbandonato a terra.
    - Fai come facevi con il tuo gelato. - gli dissi, sorridendo maliziosamente.
    Lo vidi incerto, ma quando accennai ad abbassarmi i boxer subito si eccitò maggiormente. Dunque, me li sfilai, mostrandomi avanti a lui, in ginocchio sulla sabbia.
    Alessandro mi osservò a lungo, avvicinandosi con cautela al mio sesso. Lo sfiorò con la punta delle dita. Sembrava desiderarlo da tempo.
    Vi posò una mano, iniziando a muoverla. Si vedeva che era la prima volta che masturbava qualcun'altro, mi piaceva l'idea di essere il primo a fargli fare queste esperienze. Mi eccitava ancora di più, se possibile.
    Quindi vi posò la bocca. Partì dal fondo, risalendo con la lingua fino alla punta. Lì iniziò a leccarmi come si deve, con movimenti corcolari, esattamente come aveva fatto poco prima con la panna. Iniziai ad ansimare, possibile che un gelato lo avesse fatto diventare così bravo?
    Posò le labbra sulla cima, aprendo lentamente la bocca e prendendone più che potè, arrivò circa a metà. Iniziò a succhiarlo, si vedeva che tentava di impegnarsi, come se volesse dare il meglio per me, per non deludermi, consapevole che fosse ancora inesperto.
    Decisi di guidarlo: posai una mano dietro la sua testa, affondandola nei suo capelli morbibi e lisci. Iniziai a dargli il ritmo, muovendo contemporaneamente anche il bacino. Lui iniziò a farlo come si deve, aumentò il ritmo e in poco tempo riuscì ad accoglierne nella sua bocciccia ben più di metà. Venni.
    Solo allora tolsi la mano da dietro la sua nuca, permettendogli di scansarsi. Lo vidi incerto sul da farsi, decise di imitare ciò che avevo fatto io: ingoiò.
    Sorrisi, baciandolo per congratularmi, assaporando a mia volta i residui del mio seme sulla sua bocca.
    - Lore... - mi chiedeva di più, si vedeva dall'espressione lussuriosa che adesso portava in volto.
    Come non accontentarlo!
    Lo feci voltare, poggiando la sua testa sulla sabbia, tenendo alzato il suo bacino. Mi leccai un dito, per poi inserirlo lentamente dentro il suo buchino da verginello, ancora stretto. Lo sentii trattenere un urletto.
    Inserii un secondo dito, inizia a muoverli con movimenti circolari, adattandolo.
    Poi li estrassi, posizionandomi con il bacino difronte al suo buchetto, e lentamente posai la mia cappella sulla sua apertura, iniziando a penetrarlo. Gemette appena entrarono dentro di lui i primi centimetri.
    Lo abituai alla sensazione per qualche secondo, per poi penetrarlo del tutto in un'altra sola mossa. Stavolta urlò veramente.
    Io continuavo ad ansimare, incominciai a muovermi dentro di lui, con le mani dirigevo il suo bacino, iniziando a stantuffare dietro di lui.
    Continuava a gemere e ad urlare, faceva così male la prima volta? Portai una mano sul suo sesso, ricominciando a masturbarlo, senza smettere di penetrarlo ritmicamente.
    Venimmo all'unisono. Io dentro di lui, lui sulla mia mano.
    Ci buttammo a terra, ansimanti.
    - Lore... -
    Gli portai davanti al viso la mia mano, sporca del suo seme. Senza aspettare un comando avvolse il mio polso con le sue manine, iniziando a ripulirla con la sua linguetta calda e ancora vogliosa. Fece un bel lavoro.
    Ripresi a baciarlo, e stavolta durammo veramente a lungo.

    Il resto delle settimane ci intrattenemmo con giochetti del genere, per lui era una cosa tutta nuova, si vedeva che tentava di starmi accanto in ogni momento, cercava sempre più contatti, e spesso li trovava.
    Passammo felicemente quest'estate, furono i mesi più belli della mia intera vita. Nemmeno io so dire quanto amai Alessandro.
    Il momento del saluto arrivò: fine agosto, aveva da prendere il bus che lo avrebbe riportato a casa. Posò i suoi bagagli all'interno del veicolo, mentre io lo guardavo in silenzio.
    Ci osservammo a lungo, prima che lui partisse assieme agli altri ragazzi.
    Ci eravamo riproposti un saluto normale, non fa fidanzatini, non volevo metterlo in imbarazzo difronte ai suoi coetanei.
    Tuttavia, non riuscì a salire sul bus: mi corse incontro, affondando la faccia del mio petto.
    - Ale... cos'hai? -
    Alzò lo sguardo, stava piangendo. Lacrime grosse e amare rigavano il suo volto, rosso. Non avevo mai visto una scena del genere, chi mai si era affezionato a me in quel modo? Lo abbracciai forte, tenendolo stretto adesso più che mai - Lore... Lore io ti amo... -
    No, non me lo aveva mai detto prima. Dopo la prima notte ci eravamo concessi effusioni e rapporti, complimenti e parole dolci, ma mai ci eravamo detti "ti amo".
    Lo baciai, assaporando per l'ultima volta la sua bocca, la sua lungua - Ale, anche io ti amo. E ci vedremo, l'estate prossima, perchè tornerai al campeggio, vero? - lui annuì, senza smettere di piangere.
    A malincuore dovetti convincerlo a salire sul bus, tra le faccie schifate o allibite dei ragazzini attorno a noi.
    Lo guardai andarsene, prendere il bus e svoltare l'angolo, nell'attesa di rivederlo l'estate seguente.
    Affrontai il primo anno di università con lui in mente come chiodo fisso.
    A luglio dell'anno dopo ero al settimo cielo: lo avrei rivisto!
    Assieme al gruppetto di ragazzini, nuovi arrivati e non, Alessandro però non c'era.
    Scoprii in seguito, chiedendo notizie in giro, che non sarebbe più venuto da me: si era trasferito in Inghilterra con la sua famiglia, a causa del lavoro del padre. Nessuno sapeva con precisione dove abitasse, non aveva ne' computer ne' cellulare.
    Non lo avrei più rivisto.
     
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