Al crepuscolo

God Child (AU ai giorni nostri, VM18 Cain/Jezebel)

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  1. _-Liris-_
     
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    Che titolo ç______ç non me ne veniva in mente uno >_______<
    Dunque: questa è la mia prima fanfiction a capitoli su God Child. Sto esperimentando una Jezebel x Cain ai giorni nostri (AU). Spero di non essere andata troppo OOC >___< metto spesso questo avviso perché ancora devo imparare a conoscere questi pg a confronto di altri ^^
    Che dire… leggete e fatemi sapere che ve ne pare ^-^

    ****



    Era gia tramontato il sole, l'aria era fresca perché resa umida dalla pioggia caduta quel pomeriggio.
    Tutt’intorno le foglie bagnate e gocciolanti erano smosse dal vento…
    C’erano tanti alberi stagliati tra l’ebra corta delle aiuole e la ghiaia. Vicino ad uno di essi si trovava il cancello di ferro verde che era l’ingresso del parco giochi dei bambini.
    Il cielo era nuvolo, ma nonostante ciò si potevano notare le sfumature che lo tingevano nelle tonalità violacee del crepuscolo.

    ‘Che freddo.’

    Pensò. Era seduto sulla base umida delle altalene, con la schiena poggiata alla struttura in legno e una borsa verde semivuota accanto a se. Il suo stomaco borbottò ma il ragazzo non ci fece caso, anzi, sembrava veramente perso nei suoi pensieri… si lasciò andare, volgendo lo sguardo verso il cielo e poggiando la testa sul legno della struttura che sosteneva la sua schiena. Era umido, e i suoi capelli non facevano altro che bagnarsi ancora di più.

    ‘Non ho fame…’

    Si disse convinto. Non aveva toccato cibo da pranzo –quando a scuola aveva mangiato un panino al volo preso da una macchinetta-, poi –come al solito- aveva avuto un litigio con il padre.

    ‘Sempre per cose stupide.’

    Nel guardare le nubi dalle sfumature magnetiche scontrò con lo sguardo le foglie ondeggianti e gocciolanti della folta chioma dell’albero alle sue spalle.

    ‘Ma non tornerò!’

    Lo sguardo fermo e deciso fissava i riflessi violacei dell’arrivo della sera. Spostò lo sguardo sul suo orologio da polso. 19:40.
    Il suo stomaco borbottò di nuovo per far capire che forse… era ora di mettere qualcosa sotto i denti.
    A quel punto, il ragazzo da capelli come la pece si alzò dal suolo bagnato e si sedette sull’altalena gocciolante. Diede un’ultima occhiata al borsone che aveva lasciato la vicino e poi prese a dondolarsi.
    Il vento sulla faccia a far volare via i pensieri, i ricordi…


    “Non tornare più!”




    ‘Non torno. Sta tranquillo…’

    Rallentò l’andatura, preso dallo sconforto che gli provocavano quelle maledette parole. La freddezza con la quale erano fuoriuscite dalla bocca di quell’uomo e lo sguardo glaciale che aveva tirato verso il figlio.
    Tristezza?! Si poteva definire tale?
    Quasi si fermò, arrivò fino a toccare il terreno con la suola delle scarpe e a dondolarsi lentamente seguendo l’andatura dei suoi pensieri.
    Chinò leggermente la testa. Aveva lo sguardo assente, perso sul tessuto delle sue scarpe e sulla pedana bordoux sulla quale era montata la struttura dell’altalena. Improvvisamente sentì una voce.

    “Non sei un po’ troppo grande per stare là sopra?!”

    Era una voce lenta e glaciale, tagliente come la lama del coltello più affilato. Una voce chiara e limpida come quelle che cantano nelle chiese. Era così angelica… ma così terribilmente ironica e maliziosa.
    Il ragazzo sull’altalena rinserrò la presa sulle catene e si lasciò andare indietro per vedere lo sconosciuto alle sue spalle. Era poco distante da li, sulla ghiaia accanto al cancello verde che era stato aperto proprio da lui. Indossava un impermeabile nero, lungo fino a metà polpaccio e una sciarpa bianco latte. Quest’ultima, quasi si confondeva con la sua candida ed eterea pelle, il volto dai lineamenti femminei era incorniciato da una fluente chioma biondo cenere. Una figura davvero ultraterrena… se si considerano anche i suoi occhi. Viola. Come le sfumature più chiare del crepuscolo. Due fessure aperte sul cielo pomeridiano.
    Non appena il ragazzo dai capelli come la pece lasciò indietro la testa la sua frangia ricadde lateralmente a mostrare in tutto il suo splendore una coppia di occhi felini dalle sfumature verdine e grigiastre. E là, in quegli occhi ammaliatori dal taglio sensuale, i potevano ammirare diabolici riflessi dorati.
    L’uomo li guardava ammaliato, senza riuscire a dire niente. I loro sguardi non si staccarono, finché il più piccolo decise di ritornare nella consona posizione e voltarsi verso quell’individuo.
    Dal cielo cominciarono a cadere nuove e piccole gocce d’acqua piovana…
    Silenzio.
    Solo il leggero e ritmico ticchettio della pioggia sulle foglie e sulla ghiaia.
    I capelli del ragazzo dagli occhi dorati divennero umidi abbastanza da attaccarsi al suo volto. Sogghignò. Era una provocazione verso quel’individuo impiccione che lo aveva distolto dai suoi pensieri.
    Proprio lui –si, quell’uomo alto e dai lineamenti femminei- si staccò dalla rete facendo seguire solo un piccolo rumore metallico e si avvicinò al più giovane.
    Cain. Questo era il nome del ragazzo dagli occhi che un tempo sarebbero stati definiti eretici.
    Beh, lui tentò di alzarsi dall’altalena, ma lo sconosciuto bloccò le sue intenzioni stringendo con forza una catena poco più in alto della mano del ragazzo.

    “E’ un po’ tardi… come mai non sei a casa per cena?!”

    Sogghignò avvicinandosi al volto del più piccolo.
    La pioggia si stava infittendo e i capelli di Cain erano ormai bagnati fradici, tant’è vero che grondavano acqua quasi come le foglie ingiallite degli alberi del parco.
    L’uomo dai capelli biondo cenere si scostò ed aprì l’ombrello.
    Guardava il ragazzo seduto davanti a se con aria divertita e un leggero ghigno sotto lo sguardo inespressivo.
    I capelli della pece ricadevano disordinati sul volto del ragazzo ancora seduto, questo portò una mano alla frangia e li scansò di scatto senza ottenere però risultati concreti. Difatti i capelli ricaddero nella posizione precedente –con ‘leggera’ disapprovazione del proprietario-.

    “Hai freddo?”

    Il ragazzo annuì debolmente sotto lo sguardo divertito dell’altro più grande. Non c’era da stupirsi se provocava in lui una certa ilarità, difatti ai suoi occhi sembrava come un pulcino smarrito e bagnato dalla pioggia battente.
    Rise inconsciamente e si portò subito una mano alla bocca per bloccare quella reazione.

    “Che ti ridi!!”

    Cain lo fissò irritato sbottando in piedi di botto.

    “Sei veramente buffo… sembri davvero un pulcino bagnato.”

    Ammise con aria maliziosa il più grande.

    “Sai… pensavo che fossi muto. Ma a quanto pare mi sbagliavo.”

    “Gia. Ti sbagliavi!”

    Rispose Cain con leggera irritazione. Il suo stomaco borbottò proprio in quel momento rendendo la scena non più tanto seria.

    “Hai fame a quanto vedo.”

    Cain annuì ma…

    “Non sono affari tuoi questi!”

    “Ti va di cenare?!”

    ‘Che domande… ovvio che mi va! Ma che diamine faccio?! Nemmeno lo conosco a questo qua!!’

    “Si.”

    Rispose in fine.


    ****




    Le macchine sfrecciavano accanto a loro, tutt’intorno potevano già vedersi le luci accese dei lampioni e il cielo scuro della sera.
    Aveva accettato senza motivo l’invito dello sconosciuto. Si erano presentati e avevano parlato del più e del meno. La prima domanda alla quale Cain dovette rispondere fu ‘Cosa ci facevi li da solo?’. Era stato invadente?!

    ‘Mah… credo che sia il minimo domandare una cosa del genere a un ragazzo che sto portando a cenare a casa mia!’

    Pensò mentre imboccava l’uscita dall’autostrada.

    ‘Ma se abita così lontano come mai era nei pressi del parco?’

    Si domandò il ragazzo dalle iridi feline.
    Non passò molto che arrivarono in un piccolo centro abitato. Era un quartiere poco popolato ma abbastanza accogliente. L’aria si era fatta più pungente ed entrava dal finestrino sferzando il volto del guidatore… e lui, non sembrava risentirne affatto.

    “Siamo arrivati.”

    Disse tirando il freno a mano e inserendo il blocco ai pedali.
    Il ragazzo dai capelli come la pece strabuzzò gli occhi. Il posto deve stavano andando era lontano, certo -di sicuro non si sarebbe ricordato la strada in un ipotetico caso di emergenza-, ma stranamente l’arco di tempo passato in compagnia dello sconosciuto risultava davvero poco… scorreva veloce.
    Lo vide aprire la portiera e scivolare via fuori dal veicolo. Rimase imbambolato come uno stupido finché non sentì un vento gelido sferzargli addosso sui vestiti bagnati. Raggelò voltandosi verso la fonte di quella sensazione così brutta. La portiera era stata aperta e qualcuno picchiettava le dita impazientemente sul tettuccio dell’auto.

    “Vuoi rimanerci là dentro?! Hai intenzione di metterci le radici?!”

    Fece ironico il giovane dai lunghi capelli biondo cenere. Questi svolazzavano sulle sue spalle sospinti d a una fredda brezza tipica dei luoghi fuori la città. Jezebel, così si chiamava quel tale. Proprio lui, l’uomo dalle iridi del crepuscolo che lo fissava impaziente mentre ticchettava con le lunghe dita affusolate sul tettuccio.
    Cain i mosse a scendere dalla macchina prendendo il borsone che aveva lasciato sui sedili anteriori.
    Fortunatamente la pioggia aveva smesso di cadere… solo che al suo posto adesso si trovava a fronteggiar un gelido vento che gli avrebbe di sicuro fatto prendere un malano.

    “Senti… da quanto ho capito in quella borsa ci sono dei vestiti.”

    Cain annuì senza staccare gli occhi da Jezebel che schiacciava un tasto su un piccolo telecomando-portachiavi e metteva l’antifurto.

    “Beh, se vuoi possiamo passare a casa mia così ti cambi. Eventualmente ti posso far visitare questo posto.”

    Isabel guardò il ragazzo che aveva accanto. Teneva la fascia del borsone sulla spalla destra e le braccia conserte a circondargli il corpo per tenersi caldo.

    ‘Mannaggia a lui!! Se non mi avesse detto di andarmene seduta stante avrei avuto il tempo di prendere un ombrello e un cappotto!’

    Pensò il più giovane con amarezza fermandosi a fissare il suolo asfaltato. Anche il biondino si fermò, e si mise a guardarlo ironico.

    “Ehi?! Che fai non rispondi?! Come devo interpretare il tuo silenzio? Forse dovrei dedurre che non hai freddo? Oppure devo dare retta a ciò che vedo?”

    “Grazie… ma non disturbo?”

    “Non è un po’ tardi per una domanda del genere?”

    “Come mai rispondi ad una domanda con un’altra domanda?”

    “Non è forse quello che fai anche tu?!”

    Stop. Lo scontro era finito e il ragazzo dalle iridi dorate seguiva lo sconosciuto di nome Jezebel verso casa sua.

    ‘Gia, aveva ragione lui.’

    Pensò sospirando con un leggero sorriso sulle labbra.

    ‘E’ troppo tardi per cominciare a porre domande…’

    ****



    Evitate i pomodori marci please >________<
    Se qualcuno ha avuto il fegato di arrivare fin qui (APPLAUSO) avrei piacere di sentire la sua opinione su questo capitolo ^^

    Grazie!
     
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  2. MORGANA DARK
     
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    a me e' piaciuta! :)ma non e' porcella.... :wub: pero' era bella....
    p.s.la mia migliore amica l'ha salvata sul pc...quindi deduco che sia piaciuta molto ank a lei...
    p.p.s. magari il segiuto fallo 1 pelo + spinto XD
     
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1 replies since 14/6/2007, 10:13   402 views
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